Se Internet guida la nuova rivoluzione industriale
La web economy avrebbe permesso al PIL mondiale di crescere del 3,4 per cento, garantendo in 15 anni un reddito pro-capite lievitato di 500 dollari. Al G8 francese è andato in scena il nuovo rapporto del McKinsey Global Institute
Sempre secondo il report, l’avvento di Internet avrebbe causato la perdita di 500mila posti di lavoro, ma allo stesso tempo permesso la creazione di 1,2 milioni di nuove opportunità professionali. Che si tratti di sviluppatori software, tecnici informatici, esperti in sicurezza. In altre parole, per ogni lavoro perduto Internet ne avrebbe offerti quasi 2,5.
Lo studio di McKinsey ha dunque analizzato più di 4.800 piccole e medie imprese in 12 paesi del mondo: quelle che utilizzano le tecnologie digitali crescerebbero più del doppio rispetto a quelle che ancora non hanno deciso di sfruttarle appieno. Addirittura il 75 per cento dell’impatto economico della Rete sarebbe scatenato da società tradizionali, ovvero non considerabili come Internet company.
Secondo il report, Internet avrebbe poi garantito un maggior livello di qualità della vita dei singoli cittadini dei cosiddetti paesi maturi. In circa 15 anni, il reddito pro-capite sarebbe aumentato di 500 dollari grazie alla Rete. Un risultato ottenuto dalla rivoluzione industriale in circa 50 anni. Il business legato al cloud computing porterà a profitti per circa 85 miliardi di dollari entro il 2015.
Chi guida questa rivoluzione? Secondo l’istituto, gli Stati Uniti avrebbero garantito circa il 30 per cento dei profitti globali legati ai servizi Internet. A crescere sono India e Cina, mentre il contributo del Belpaese – tra il 2004 e il 2009 – si è assestato intorno al 12 per cento del PIL globale. La Svezia è la nazione che ha contribuito di più alla crescita di un Pianeta ormai dentro il profondo web.
Mauro Vecchio
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